REGGIO EMILIA. Le proteste contro le restrizioni dettate dall’ultimo decreto del premier Conte non si fermano. Mercoledì alle 18 – orario fissato per la chiusura di bar e ristoranti – un centinaio di cittadini si è dato appuntamento attraverso il tam tam sui social in piazza Prampolini per dimostrare la “contrarietà” alle chiusure decise dal governo. I manifestanti si erano messi d’accordo per arrivare in piazza con una bottiglia di vetro come simbolo della ribellione.
Partita a suon di slogan e cartelli, la protesta si è accesa man mano che passavano i minuti fino a sfiorare lo scontro fisico quando i manifestanti si sono avvicinati all’ingresso del municipio, pretendendo di parlare con il sindaco Vecchi. Ma davanti alla folla si sono schierate le forze dell’ordine, agenti della Digos e carabinieri, che hanno fatto desistere i manifestanti.
Prima del tentato assalto al municipio a prendere la parola era stato Enrico Papi, uno degli organizzatori: «Siamo stanchi – ha urlato – i nostri diritti sono stati calpestati. Ci stanno trattando come dei bambini, promettendoci dei bonus e degli incentivi che non arriveranno mai solo per farci stare buoni. Dal primo dell’anno saremo tutti fregati». E ancora: «La guerriglia urbana a livello nazionale è sinonimo di un popolo stanco che si sta ribellando alla privazione della propria libertà. Giù le mani dal nostro futuro e basta fandonie».
Parole accolte da un fragoroso applauso a cui sono seguiti i commenti di alcuni manifestanti che hanno denunciato, all’unisono, una situazione lavorativa precaria, una cattiva gestione dell’emergenza sanitaria da parte del Governo e addirittura l’uso immotivato delle mascherine, sinonimo di «censura e privazione di libertà».