REGGIO EMILIA. Una quindicina di ex dipendenti della mitica boutique “Biba” di vicolo Trivelli si è riunita nei giorni scorsi al ristorante Canossa per ricordare gli anni d’oro del commercio reggiano e di un negozio per tanti versi unico. Tra di loro l’ex titolare Fabrizia Bonvicini che ha colto l’occasione per annunciare il suo “ritiro”. «L’anno prossimo chiuderò la mia vita lavorativa – ha detto –. Ho intenzione di dedicarmi alla stesura di un libro, un’autobiografia su di me, su Reggio e ovviamente su Biba».
I RICORDI
ALL'AVANGUARDIA
«All’epoca i negozi di alta gamma a Reggio si contavano sulla punta delle dita: noi, Simon, Cimurri e pochi altri – ricorda Fabrizia –. Noi facevamo una ricerca di stilisti emergenti senza precedenti: capi di Dolce&Gabbana semisconosciuti. Vivienne Westwood, Jil Sander, Gucci, Prada. Io giravo il mondo, viaggiavo tra Londra, New York e Miami per avere un’offerta diversa. Al ritorno a Reggio guardavo campionari su campionari, sceglievamo i trend e arrivavano i vetrinisti da Milano».
I clienti «si chiamavano Zucchero, Ligabue, Ivana Spagna, Marcella Bella. E ancora parecchi attori che recitavano al teatro Valli e una stilista come Mariella Burani: la considero ancor oggi un’amica, che stimo e rispetto». «Passavano da me – proseguono i ricordi di Fabrizia – tutti gli industriali di Carpi: il titolare di Twin Set, cui poi ho ceduto il negozio, è il figlio di una delle mie ex dipendenti. E ancora passavano privati e stilisti da Milano, Roma, Napoli». “Biba” era una tappa obbligata non solo per la gente che contava, ma per tutti i reggiani, che avevano più soldi in tasca: «La richiesta era enorme. Quando arrivavano i nuovi jeans si formava la fila fuori: al sabato facevamo entrare i clienti tre per volta. A dirlo adesso non ci si crede».
OGGI
“Biba” ha galoppato fino al 2000, quando, con il mutare delle condizioni economiche, è iniziato il lento declino. Fabrizia però non si è mai fermata, continuando a gestire negozi prima con il Multistore Biba di fianco a Twin Set, al quale poi ha ceduto gli ampi spazi, poi in piazza San Prospero, via San Carlo, infine l’attuale collocazione in Galleria Cavour.
«Ho dovuto fare scelte diverse: anziché le griffes, produzione in proprio. Ma non c’è più quell’entusiasmo, oltre a quella propensione a spendere». Tanto che Fabrizia ha deciso di chiudere. «Finora sono stata legata con un cordone ombelicale alla mia città: adesso non la riconosco più. Reggio è messa malissimo dal punto di vista commerciale». Occuperà il suo tempo da pensionata scrivendo «un’autobiografia, a partire dai miei genitori che sono stati una grande scuola. Lancio un appello: cerco qualcuno che mi aiuti a scriverla».